Una storia di Natale!
Il vento è gelido e si aggira pungente tra le strade del centro.
Le luminarie colorate cercano di ridare luce alla città che prova a riprendersi la sua normalità e ai passanti che di nuovo numerosi sbirciano le vetrine alla ricerca del regalo giusto per il Natale. Quest'anno hanno messo anche la filodiffusione che ripete musiche natalizie...alcune sono carine, altre tremendamente tristi. Tante mamme tirate per mano dai propri bambini provano a cavarsela tra buste, bustine e qualche regalo da fare ancora...in attesa che Babbo Natale faccia il resto. Sotto un portone alla stazione un ragazzo suona un violino scordato e il suo fedele cagnolino lo ammira accucciato sopra una coperta sudicia, mentre sembra gettare lo sguardo al bicchiere poggiato per terra in attesa che qualcuno lasci cadere qualche moneta.
Per strada c'è tanta gente, non è ancora quella folla che di solito, ogni anno, rende difficile anche il solo camminare, con quel fiume di auto, berretti e sciarpe colorate. Ma nulla a che vedere con la desolazione che lo scorso anno ci ha costretti in casa. Tanti vanno di fretta saltando da una vetrina all'altra, tanti altri indugiano. Una donna sta seduta davanti ad un negozio con le mani tese, una ciotola sbeccata con pochi spiccioli e un cartello appoggiato a terra con una scritta illeggibile. Un ragazzo, bardato come un alpinista appena sceso dal K2, distribuisce la pubblicità con le offerte dell'ipermercato.
Una coppietta sta abbracciata su una panchina, sembra un innesto vivo su quel tronco gelido in attesa di vita calda. Guardando di qua e di là, tra un pensiero e l'altro, tra una nostalgia e un desiderio inespresso raggiungo la chiesa, varco il portone. Mi chiudo la porta alle spalle e subito il silenzio, finalmente, viene a farmi visita, un silenzio diverso che sembra abitato, da qualcuno o da qualcosa che sembra mi aspettasse. La chiesa è quasi buia e deserta, non c'è nemmeno il prete, solo una signora anziana che sgrana il rosario e bisbiglia le sue orazioni sotto voce.
Qualche candela accesa agli altari laterali crea un'atmosfera particolare e poi la musichetta del presepe allestito in una delle cappelle laterali. Bello, semplice, tradizionale. Mi siedo lì vicino e osservo i vari personaggi. Ognuno è intento nel suo lavoro: il panettiere, il pescivendolo, il pastore e molti altri... c'è anche l'oste con la mascherina. Trovo pure il mio personaggio preferito: il dormiglione. Una striscia sottile di farina traccia i sentieri di quell'angolo di Bethlemme e uno specchio ovale regala acqua luminosa alla memoria della nascita del piccolo Gesù. La grotta con Maria e Giuseppe è costruita in un angolo. Bella, ampia, ordinata. Gli angeli svolazzano felici e il cucciolo di Messia sorride sereno. Almeno lui. C'è anche un gatto, che è venuto a cercare un po' di caldo. È rannicchiato in un angolo del presepe e dorme. Forse la scena è dipinta con caratteri eccessivamente zuccherini, ma c'è un elemento che attira la mia attenzione: tranne Maria e Giuseppe nessuno dei presenti sulla scena è rivolto a Gesù. Ciascuno è preso dai suoi affari. Ciascuno è preoccupato delle sue cose. Forse il piccolo Gesù non aveva riccioli biondi e guanciotte paffute come nella ricostruzione, ma di certo la sua nascita è avvenuta in questo contesto di totale indifferenza.
E forse, realmente, è così anche oggi. Ognuno corre per la sua strada, bada ai suoi affari, ai suoi affanni, si lamenta per la crisi, sbuffa per la politica e per gli intrighi del potere, prepara il menù per le feste di Natale, che spera di poter trascorrere almeno con in propri cari, di passare giornate di totale riposo, ricicla qualche regalo per i parenti.
E Lui è lì, in quella culla improvvisata in una mangiatoia.
Gesù nasce nell'indifferenza per fare la differenza.
Da quel giorno in cui Dio ha preso carne nella nostra carne, in cui l'eterno è
entrato nel tempo, nulla è come prima. Da quella notte, in cui il primo vagito
dell'Altissimo stretto tra le braccia esili e coraggiose di Maria ha riempito
la stalla di Bethlemme, è iniziato un tempo nuovo. Il Suo primo respiro ha
segnato il punto zero della nostra era. Lui fa la differenza. Ora non è più
possibile non schierarsi. L'indifferenza è rifiuto.
O con Lui o contro di Lui. O sulla roccia o sulla sabbia. Non esistono misure di compromesso o scorciatoie. Quel bimbo infreddolito è la nostra dolce rovina: davanti alla sua culla, come davanti alla sua croce, è ammesso solo il silenzio pieno della contemplazione. L'altro silenzio, quello abitato dall'indifferenza, è il rumore sordo e freddo del rifiuto, è il frastuono caotico che non ha permesso all'innominato ricco di accorgersi del povero Lazzaro.
E ancora, dopo duemila anni, il cucciolo di Messia rimane lì, in quella
culla.
Rimane lì per tutti, perché tutti possano accoglierlo, dire sì, scoprire la
bellezza gratuita di un amore che chiede solo di essere accolto, che chiede
solo di poter amare.
Rimane lì per chi lo ha scelto con tutto il cuore e ha la sensazione di essere
rimasto a mani vuote e ora si fa la stessa pungente domanda di Pietro: e noi
cosa ne avremo? Ecco perché sei a mani vuote: per abbracciare quel bimbo.
Rimane lì per chi ha la sensazione di aver sbagliato tutto e non ha la forza di
ricominciare, perché davanti a quella vita nuova e spumeggiante ricordi che la
scintilla della vita di Dio abita la nostra umanità.
Rimane lì per chi si sente diverso, perché ricordi che questa è l'unica cosa che tutti abbiamo in comune e che il Figlio di Dio fatto uomo ha abbattuto ogni muro e ha insegnato a pregare un unico Padre che è "nostro". Rimane lì, immobile davanti alla nostra indifferenza, sperando che il soffio dello Spirito trovi uno spiraglio per scalzare le nostre immobilità e ci ribaltarci dai bastioni delle nostre paure.
Mentre sono completamente assorto, sento una mano che mi tocca la spalla. "Bello
non è vero?", mi dice un signore anziano sottovoce. "Sembra che ci stia
guardando".
Lancio un ultimo sguardo alla mangiatoia...
Rimani lì, Signore.
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