Sviluppo e progresso? La difficile ripresa dei Paesi in via di sviluppo dopo l’emergenza sanitaria
di Gian Marco Di Cicco
Fin dai primi mesi della crisi pandemica, molti intellettuali di fama mondiale, tra cui papa Francesco, sostenevano la necessità di un dialogo internazionale, affinché gli abitanti degli Stati in via di sviluppo potessero godere dei benefici sanitari, legati ad una massiccia campagna di vaccinazione contro il virus Covid - 19. Il sommo pontefice si è sempre espresso perché i leader dei Paesi più industrializzati e le case farmaceutiche estendessero i vantaggi della campagna vaccinale anche agli altri territori che non godono degli stessi benefici economici e che vivono una difficile realtà politica, spesso compromessa da un alto livello di corruzione della classe dirigente locale. Povertà, difficoltà di accesso ai presidi sanitari e difficile campagna comunicativa "pro vaccino" impediscono ad alcune popolazioni africane ed asiatiche di accedere alle cure adeguate ai rischi della pandemia globale. La riflessione culturale che ne deriva è di spingere i leader politici degli Stati economicamente più forti ad assumere una posizione solidale nei confronti dei Paesi più in difficoltà. La crisi sanitaria in India ha dimostrato che solamente le finanze pubbliche più forti sono maggiormente predisposte ad attuare delle politiche in grado di fare fronte ad un rischio umanitario di notevole dimensione. Nella penisola indiana, oltre a adeguati provvedimenti contro gli assembramenti e a favore di un congruo potenziamento ospedaliero, non sono stati considerati i più opportuni investimenti sui dispositivi di protezione individuale, sui macchinari per le terapie intensive e sulle più comuni bombole d'ossigeno per permettere che i malati più gravi, affetti da Coronavirus, potessero respirare in maniera più agevole. A seguito di una sempre maggiore proliferazione di centri vaccinali nel mondo e come conseguenza di una diffusione più importante di flaconi di vaccino, i Capi di Stato o di Governo delle più facoltose democrazie mondiali, stanno ponendo la loro attenzione ai rischi di una nuova crisi pandemica nei Paesi più poveri. I costanti flussi migratori, infatti, fanno sì che gli Stati più industrializzati creino degli argini a nuove possibili ondate virali nei propri territori. È necessario, quindi, che i "grandi della Terra, si adoperino per favorire l'accesso alle cure e ai vaccini anche nel continente africano e asiatico, in particolar modo. A questo proposito, lo scorso 18 maggio, il Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi e il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron si sono riuniti in un vertice bilaterale a Parigi. Questo incontro ha un duplice obiettivo: da un lato, manifestare concretamente al vertice sul finanziamento delle economie africane, voluto dallo stesso Macron, l'impegno della presidenza italiana del G20 nell'affrontare i temi dello sviluppo del continente africano, colpito duramente dalla pandemia da Covid. Dall'altro lato, sul piano bilaterale, Draghi intende rafforzare l'asse con Parigi in chiave di leadership comune dell'Unione europea, in una fase di grandi cambiamenti, conseguenti all'emergenza sanitaria. Soffermandosi sul primo obiettivo, sembra importante sottolineare come l'Italia e la Francia vogliano cercare nuove fonti di finanziamento per l'Africa sub-sahariana, colpita dalle conseguenze del Covid-19 e dal peso del debito. Lavorare sui finanziamenti esteri, sul potenziamento dell'attrattività delle economie africane, sul rafforzamento del settore privato e sul finanziamento di grandi progetti potrebbe rappresentare una nuova spinta politica, economica e sociale per gli Stati in via di sviluppo, in un contesto internazionale difficile ma ricco di iniziative floride da parte dei leader più potenti della Terra. Si auspica che Draghi e Macron, sottoscrivendo una dichiarazione finale che ha previsto un cappello politico sulle leve finanziarie necessarie alla ripresa, possano indurre altri Paesi industrializzati ad incentivare la ripresa nel continente africano e asiatico, attraverso nuove misure di iniziativa economica pubblica e privata in materia sanitaria.
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