Ragazzi in balìa della tempesta

09.11.2024

Paolo Scarabeo

«Cosa sta succedendo?» è la domanda che, da un po' di tempo in qua, ci stiamo ponendo con troppa frequenza. Insieme ad altre, più scomode. Si poteva evitare? Cosa si doveva fare? Chi doveva farlo? Ma c'è una domanda che fa più male di tutte: perché? Quando emerge questa domanda, spesso senza risposta, significa che è stato toccato un nervo sensibile, che interroga il senso delle cose e della vita. È doveroso cercare di capire cosa è successo, è fuorviante la ricerca di colpevoli su cui scaricare ogni responsabilità.

Se è vero che «i nostri ragazzi si incuneano immediatamente nelle crepe delle nostre divisioni, della sfiducia che respirano tra le diverse figure adulte con cui hanno a che fare» - ha detto nei giorni scorsi monsignor Cevolotto, il vescovo di Piacenza durante le esequie di Aurora, la tredicenne fatta volare dal suo balcone, lo scorso 25 ottobre, dal suo ex "fidanzato" quindicenne, ora in carcere con l'accusa di omicidio volontario - il mondo adulto, a tutti i livelli, è chiamato a crescere «nel vivere la responsabilità non solo verso i propri figli ma anche verso gli altri».

È una strage quella che si sta perpetrando in questi nostri giorni, una guerra silenziosa che si combatte tra le mura e per le strade delle nostre città che, ogni giorno ormai, si risvegliano inermi, sotto i colpi della violenza, a piangere i propri figli, giovanissimi tutti, vittime dell'odio, delle pistole e di quella incapacità ormai acclarata di essere aiutati: giovani che a Napoli si sparano come fossero nel Far West, ragazzi e ragazze che si tolgono la vita come Leo a Senigallia, il dodicenne di Tortoreto che versa in gravissime condizione dopo un volo da quarto piano, la quindicenne di Enna, trovata impiccata dalla mamma … e poi Aurora a Piacenza e poi altri, tanti altri, troppi altri! Ragazzi e ragazze nel cui vocabolario con disarmante facilità è entrata la parola "suicidio"!

Tutti "ragazzi solari", "bravi ragazzi" che cadono vittime della violenza, del bullismo, del disprezzo o che causano la morte di loro coetanei per "un paio di cuffie", per "un paio di scarpe", per "un cellulare", perché "non avevo niente da fare"… per "un bamboccio che non sa cosa è la vita" perché… perché…

"La guerra non è in Ukraina – ha detto una mamma, in uno sfogo sui Social rivolgendosi ai nostri governanti –, la guerra è qui, in casa nostra, per le nostre strade. A quelli date le armi, noi non abbiamo armi per combatterla questa guerra".

È una sfida collettiva che deve vederci tutti impegnati, tutti schierati dalla stessa parte, quella dei nostri ragazzi. Basta Convegni, basta tavole rotonde, basta chiacchiere! È ora di scendere in campo tutti insieme e concretamente: famiglie, politica, scuola, chiesa, associazioni. Basta spendere miliardi ogni giorno in armamenti e guerre! Basta sperperare denaro in spot elettorali... e in clamorosi flop milionari come le gabbie d'oltremare dell'odio, vanto del nostro governo. Diamo forza alla Scuola, rendiamo la Scuola un posto in cui ragazze e ragazze possano davvero costruire il loro futuro, strutturare i propri sogni, un luogo in cui le famiglie possano trovare davvero un "porto sicuro", dove sia reso possibile e gratuito a tutti l'accesso allo Sport, alle Biblioteche, alle Palestre, al Teatro, dove i ragazzi possano aiutarsi nello studio, possano confrontarsi: in una parola, possano crescere! 

Il 2% del Pil, cara Europa, si investa in scuole e palestre e campi da gioco, non in armi e guerre!

Riapriamo gli oratori. Le parrocchie, che si stanno svuotando si chiedano davvero perché sta succedendo, perché i ragazzi sistemata "la pratica" della Cresima spariscono. Le Associazioni scendano davvero in Campo, aprendo spazi e creando occasioni, "aprendo i cancelli"… elaborando e sperimentando approcci culturali, educativi e sociali di prossimità, di inclusione, di condivisione.

Un'antica leggenda cherokee mostra un vecchio saggio attorno al fuoco che racconta storie ai giovani del villaggio e dice. "Dentro ognuno di noi ci sono due lupi, sempre in lotta fra loro. Un lupo nero, arrogante, avido, pieno di rabbia, dolore, rimpianti. E un lupo bianco, generoso, saggio, pieno d'amore, di empatia, coraggio e umiltà." Un giovane chiede: "E nella lotta, quale lupo vince?" Il vecchio: "Vince quello che nutri di più."

Ecco, "quello che nutri di più!". È tempo che si torni a nutrire i nostri ragazzi di bello, di luce, di valori positivi. Che si combatta concretamente al loro fianco contro la violenza, semplicemente "affamandola", disarmandola. Creando spazi di bellezza, quella che sola "salverà il mondo".

©Produzione riservata

Segui la nostra informazione anche su Facebook o unendoti al nostro gruppo WhatsApp e visita il nostro canale Youtube