Papa Francesco: il Papa dei giovani. Quel giorno speciale a Napoli

di Vera Mocella
Era il 21 giugno 2019, il giorno dedicato a San Luigi, il santo giovane dei giovani, anche questa una data simbolica, come quella della tua partenza per il Cielo, avvenuta il lunedì dell'Angelo, quando hai scelto di salutare gli studenti della Pontificia facoltà Teologica dell'Italia meridionale (sezione San Luigi) e di accoglierne i sogni, le speranze. Nonostante la giornata afosa, sei arrivato a Posillipo, tra ali colorate di studenti provenienti da diverse parti del mondo, a salutare il Papa argentino. L'impegno era importante, era una visita in occasione del convegno "La teologia dopo Veritatis Gaudium nel contesto del Mediterraneo", orizzonti aperti sul futuro dei popoli, nella diversità che arricchisce e che non esclude, non ghettizza. Questo uno stralcio del tuo discorso: «Nel corso di questo Convegno, avete prima analizzato contraddizioni e difficoltà nello spazio del Mediterraneo, e poi vi siete interrogati sulle soluzioni migliori. A questo proposito, vi chiedete quale teologia sia adeguata al contesto in cui vivete e operate. Direi che la teologia, particolarmente in tale contesto, è chiamata ad essere una teologia dell'accoglienza e a sviluppare un dialogo sincero con le istituzioni sociali e civili, con i centri universitari e di ricerca, con i leader religiosi e con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per la costruzione nella pace di una società inclusiva e fraterna e anche per la custodia del creato. Quando nel Proemio della Veritatis gaudium si menziona l'approfondimento del kerygma e il dialogo come criteri per rinnovare gli studi, si intende dire che essi sono al servizio del cammino di una Chiesa che sempre più mette al centro l'evangelizzazione…Nel dialogo con le culture e le religioni, la Chiesa annuncia la Buona Notizia di Gesù e la pratica dell'amore evangelico che Lui predicava come una sintesi di tutto l'insegnamento della Legge, delle visioni dei Profeti e della volontà del Padre. Il dialogo è anzitutto un metodo di discernimento e di annuncio della Parola d'amore che è rivolta ad ogni persona e che nel cuore di ognuno vuole prendere dimora. Solo nell'ascolto di questa Parola e nell'esperienza dell'amore che essa comunica si può discernere l'attualità del kerygma. Il dialogo, così inteso, è una forma di accoglienza.»
Così parlavi, Papa Francesco, a docenti, studenti e studentesse assetati di verità e di vita, in uno scenario naturale che univa il mare e il cielo, in un unico, sconfinato orizzonte. Ed ancora: «Il dialogo come ermeneutica teologica presuppone e comporta l'ascolto consapevole. Ciò significa anche ascoltare la storia e il vissuto dei popoli che si affacciano sullo spazio mediterraneo, per poterne decifrare le vicende che collegano il passato all'oggi, e per poterne cogliere le ferite insieme con le potenzialità. Si tratta, in particolare, di cogliere il modo in cui le comunità cristiane e singole esistenze profetiche hanno saputo ― anche recentemente ― incarnare la fede cristiana in contesti talora di conflitto, di minoranza e di convivenza plurale con altre tradizioni religiose. Tale ascolto dev'essere profondamente interno alle culture e ai popoli anche per un altro motivo. Il Mediterraneo è proprio il mare del meticciato – se noi non capiamo il meticciato, non capiremo mai il Mediterraneo – un mare geograficamente chiuso rispetto agli oceani, ma culturalmente sempre aperto all'incontro, al dialogo e alla reciproca inculturazione. Nondimeno, vi è bisogno di narrazioni rinnovate e condivise che ― a partire dall'ascolto delle radici e del presente ― parlino al cuore delle persone, narrazioni in cui sia possibile riconoscersi in maniera costruttiva, pacifica e generatrice di speranza. La realtà multiculturale e pluri-religiosa del nuovo Mediterraneo si forma con tali narrazioni, nel dialogo che nasce dall'ascolto delle persone e dei testi delle grandi religioni monoteiste, e soprattutto nell'ascolto dei giovani. Penso agli studenti delle nostre facoltà di teologia, a quelli delle università "laiche" o di altre ispirazioni religiose. «Quando la Chiesa - e, possiamo aggiungere, la teologia - abbandona gli schemi rigidi e si apre ad un ascolto disponibile e attento dei giovani, questa empatia la arricchisce, perché "consente ai giovani di donare alla comunità il proprio apporto, aiutandola a cogliere sensibilità nuove e a porsi domande inedite"» (Esort. ap. postsin. Christus vivit, 65). A cogliere sensibilità nuove: questa è la sfida.». Noi eravamo pronti ad accogliere quella sfida, nel sogno di un mondo diverso, nuovo, in cui le alterità non configgono, ma diventano linfa vitale. Ti avevamo parlato dei nostri sogni, delle nostre speranze. Insieme con i docenti più vicini ai giovani, ti avevamo presentato "Prima che gridino le pietre", un testo arricchito con le nostre proposte ed i nostri sogni, per una Chiesa più aperta, capace di recepire le istanze di questa umanità nuova in cui le donne ed i giovani potessero essere i protagonisti del presente e del futuro. Parlavamo di una teologia viva, vera, che cammina tra le strade, tra la gente e che non esclude nessuno. Tutti noi, adesso, siamo più grandi, più adulti, e forse sogniamo che quella terra promessa, che un giorno vide Mosè da lontano, prima di morire, sia la stessa che hai visto tu, di una Chiesa in cui le gemme del Concilio Vaticano II, siano divenute splendidi fiori.
