Le opportunità offerte dalla pandemia
È monco e asfittico ogni pensiero privo di speranza.
di Egidio Cappello
Abbiamo più volte sottolineato la necessità di rinnovare il nostro mondo interiore, trasformando un evento di sofferenza e di disorientamento, in una condizione di crescita culturale e spirituale, Le nostre aspettative sembrano man mano realizzarsi. La pandemia ha cancellato dalla nostra mente valori effimeri, ha ridato alle nostre parole i significati più giusti, ha ripresentato percorsi fattibili nella essenzialità e nella sobrietà. La mente appare più libera da incrostazioni e limitazioni proprie della sfera sensibile. E sembra operare in pienezza, in modo particolare nella utilizzazione della più incisiva delle sue virtù, la speranza. Si tratta di un ritorno decisivo. La presenza della speranza nell'attività pensante è segno della ripresa di un cammino: la mente ritorna a rivolgere lo sguardo a mete definite, a valori qualificanti per la vita umana. Oggi questi valori si vanno ripresentando nel loro volto autentico, valori eterni, valori della pienezza e della perfezione dell'uomo, valori stabiliti da Dio tra gli alberi di Eden. La mente entra ancora nella dimensione della divinità e della eternità e riguadagna l'uso di un vocabolario dalle grandi aperture. La speranza è lo strumento fondamentale per argomentare sui valori, per guardarli negli occhi, per cercarli nella storia di ciascuno. La speranza tiene in tensione la mente verso grandi idealità e la spinge ad andare oltre i recinti del presente storico. La speranza è la dinamicità della mente, è la vita della mente, è la creatività della mente, è la perfetta adesione della mente al progetto di Dio. La speranza combatte il disorientamento, l'incertezza, l'indifferenza, l'abulia e spesso l'agonia del mondo interiore. La speranza riempie i vuoti della cultura umana con fondamenti, con certezze, con principi incorruttibili ed eterni. La speranza ridona ai termini delle nostre comunicazioni i significati autentici liberandoli dalle incrostazioni della sudditanza alle leggi dell'effimero e al vento presente. La mente che spera considera se stessa nella pienezza delle proprie doti, può guardare il mondo circostante attraverso l'ottica della edificazione, può giudicare le cose secondo la pedagogia del progresso e del cammino e può progettare percorsi di vita finalizzati all'unità, alla giustizia e alla pace. Si, oltre ai vaccini, occorre che ogni uomo provveda a iniettarsi una buona dose di speranza, per leggere bene gli eventi e per guardare oltre la propria vita e la propria storia.
Mi sovviene la Lettera Enciclica "Spe salvi facti sumus" scritta da Benedetto XVI alla fine dell'anno 2007, con la quale il Pontefice, ora emerito, sostiene che la salvezza dell'uomo proviene dalla speranza, proviene dalla capacità di pensare il futuro. Sono destinati al nulla, egli scrive, coloro che costringono le proprie menti ad operazioni limitate al mondo della sensibilità impedendo alle stesse l'uso di tutte le virtù che le sono proprie, come l'intuizione, la contemplazione, la composizione delle idee, la creatività, la memoria, il giudizio e l'interpretazione degli eventi, la ricerca della verità. L'uomo dunque ritorna a pensare con la certezza che sono vere e indiscutibili le mete da conseguire. E' proprio questa l'attività prioritaria del pensare, il confrontare le proprie mutevoli idee con i principi stabili che sovrintendono alla vita del creato. Un esempio per tutti: come pensare di lasciare un mondo più pulito alle giovani generazioni, senza possedere i principi essenziali della vita come l'approccio all'acqua potabile, all'aria respirabile, alla terra pulita e feconda, ad una tecnologia latrice di bene e di progresso? Solo la speranza permette la costruzione di un futuro a misura d'uomo. La speranza si percepisce nel proprio corpo e nelle proprie facoltà mentali, si percepisce come forza che muove, che trasforma, che consola e non abbatte, forza che spinge e guida ai grandi ideali della vita. La mente ha in se stessa le ragioni della propria dinamicità, porta con sé le proprie doti e le proprie virtù. Quando brilla della luce della speranza essa si trasforma in laboratorio di futuro, laboratorio di ampi orizzonti, fucina di bene. Non c'è niente di metafisico o di estremamente teorico: la mente, libera da schematismi e apriorismi, priva di percorsi ideologici o politici, finalizza ogni propria attività alla composizione, all'unità, alla piena realizzazione del bene. La mente che pensa nell'assoluta libertà è necessariamente ricca di speranza. Chi pensa ha fiducia nei fondamenti e non può non sperare. La speranza ha il potere di dare nel presente qualcosa della realtà che si attende; "essa attira, dentro il presente, il futuro, così che quest'ultimo non è più il puro "non ancora". Il fatto che questo futuro esista, cambia il presente; il presente viene toccato dalla realtà futura e così le cose future si riversano in quelle presenti e le presenti in quelle future".
Da questa interazione tra il presente e il futuro, l'uomo
viene arricchito in modo straordinario: egli conquista un nuovo modo di
appropriarsi del fondamento della vita, conquista una nuova libertà che gli
permette di visualizzare la speranza, di viverla nel quotidiano, con forza, con
amore e con saggezza. E' una esperienza qualificante, la più qualificante per
l'uomo: conoscere l'eterno e viverlo nei brevi momenti della sua storia. A
questo proposito Benedetto XVI chiarisce cosa è la vita eterna: non una realtà
fuori dal tempo, ma la vita in senso pieno, quella che si ha quando la mente e
il cuore sono abbandonati nell'infinito amore di Dio, e lo vivono senza alcuna
determinazione temporale. Un altro carattere della speranza viene evidenziato
dallo stesso Benedetto XVI: la tensione verso la pienezza del proprio essere
non è, per l'uomo, individualistica, ma comunitaria. Il che vuol dire che le
attività della ragione umana non sono atti della soggettività ma espressioni
della vita comunitaria e tendono a creare relazioni. Il cammino di salvezza non
riguarda l'uomo nella sua solitudine, ma l'uomo come membro della comunità. Il
cammino dell'uomo verso la propria salvezza si traduce in crescita dell'unità,
ossia nel recupero e nello sviluppo dei valori della condivisione e della
fraternità. Il peccato causa la separazione e l'isolamento, la mente libera ristabilisce
e alimenta l'unità di tutti gli uomini. Terminiamo l'intervento mutuando il
monito dell'Enciclica a cui abbiamo fatto riferimento: senza la speranza come
fondamento del pensare, difficilmente usciremo dalle sofferenze della pandemia.
Non c'è più tempo di rivisitare e
riformulare i propri pensieri e le proprie congetture, occorre procedere alla
cancellazione in toto di quanto è sorto dalla individualità e dalla
particolarità. Occorre pensare bene e ciò comporta l'uso della speranza,
ritornata ad essere, oggi, la virtù fondamentale della mente umana. Alle
giovani generazioni la speranza va insegnata, come ogni altra virtù, nelle sue
conoscenze, le sue metodologie e le sue finalità. È monco e asfittico ogni pensiero privo di
speranza.
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