"La Treccia", di Laetitia Colombani

11.02.2021

di Francesca Iervolino

"La Treccia", romanzo d'esordio di Laetitia Colombani (regista e sceneggiatrice di origini francesi) narra la storia di Smita, Giulia e Sarah, tre donne che non hanno, apparentemente, nulla in comune, se non l'appartenenza al genere femminile.

Smita è di origini indiane ed è una dalit, una donna impura relegata ai margini della società per via della sua condizione inferiore. A Bradlapur Smita svuota le latrine dei jat, i "signori", a mani nude e la sua intera esistenza si snoda quindi tra miseria, abbandono e pregiudizi, nonostante abbia un marito e una figlia di sei anni, Lalita. Ed è proprio per la piccola Lalita, per garantirle un futuro libero da costrizioni e pregiudizi che

Smita decide di ribellarsi ad un destino già scritto da altri:

una notte, all'insaputa del marito, fugge via insieme alla bambina.

Seconda protagonista del romanzo è la giovane Giulia Lanfredi, di origini siciliane: siamo a Palermo e Giulia, seconda di tre sorelle, lavora sin da piccola nel laboratorio di famiglia che produce parrucche con capelli veri, raccolti grazie alla antichissima tradizione della "cascatura". Il laboratorio è diretto da Pietro, padre di Giulia, che un giorno, in seguito ad un incidente, entra in coma lasciando le sue figlie, sua moglie e tutte le operaie nella disperazione e nell'incertezza. Che fare? Continuare nell'arte della produzione delle parrucche o chiudere l'attività che risulta, oltretutto, quasi in bancarotta? In preda al dolore e ai dubbi Giulia si imbatte in Kamal, giovane indiano, durante la processione di Santa Rosalia.

I due si innamorano e, vinte le remore della famiglia per le differenze culturali che li separano, si sposano e risollevano le sorti del laboratorio.

Sarah è il terzo personaggio di questo incredibile romanzo. La donna, brillante avvocato quarantenne e socia di uno dei maggiori studi legali di Montreal, ha una vita perfetta e appagante che, tuttavia, viene sconvolta da una terribile notizia: Sarah scopre di avere il cancro al seno. Per lei, abituata a vincere in ogni circostanza, è un duro colpo e il suo orgoglio la spinge a nascondere, in un primo momento, la malattia alla sua famiglia e soprattutto ai colleghi, gli "squali" dello studio legale. L'"inganno" tuttavia viene ben presto scoperto e, al culmine della malattia, Sarah viene messa da parte dai suoi superiori:

è malata e dunque non può garantire nulla allo studio legale.

In poche parole, è una donna ormai finita e "inutile".

Fin dalle prime pagine "La treccia" è un romanzo che si impone al lettore per la sua forza narrativa e ne cattura l'attenzione, in un crescendo di avvenimenti concatenati e costruiti sapientemente dall'autrice. Profondamente comunicativo e incisivo nello stile, il romanzo presenta le storie delle tre protagoniste a capitoli alterni e ogni storia rappresenta un libro a sé, un microcosmo di personaggi caratterizzati con maestria dall'autrice in un incastro perfetto che rende la narrazione fluida e armoniosa. Smita, Giulia e Sarah sono donne completamente diverse, sia per cultura che per età e nulla, apparentemente, le accomuna tranne una cosa, forse la più importante: il coraggio e la forza di non piegarsi al destino e alle circostanze avverse. Condividono la stessa indomita, prepotente resilienza: si ribellano e reagiscono ai colpi che la vita ha inferto loro, ognuna a modo proprio. Compiono un viaggio, dentro e fuori se stesse, ciascuna in modo diverso.

Il loro destino è legato da una sottile e impercettibile treccia:

l'una entrerà nella vita dell'altra seguendo la via tracciata da una circostanza incredibile, anche se non si incontreranno mai, né sapranno l'una dell'esistenza dell'altra.

Rinascita, orgoglio, speranza, tenacia: questo libro è un inno alla vita e alla forza femminile, un anelito a non lasciarsi andare alle circostanze sfavorevoli o a un destino già scritto e imposto. Toccante la figura della "tessitrice" che, nell'ombra, tesse i fili del destino delle tre donne e instaura tra di esse "un legame fragile che si trova nel punto di incontro delle loro vite, un filo esile che le tiene unite".


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