La sindrome di Peter Pan: la fatica di crescere

16.07.2024

di don Salvatore Rinaldi e Chiara Franchitti

Da qualche anno si parla di crisi dell'adulto, ma anche di crisi dell'autorità, di crisi della paternità o della figura del padre, definendo così una non ben chiara distinzione delle fasi. Nel suo testo Generazioni, Remo Bodei si esprime così: «Tra gioventù e vecchiaia esiste una simmetria inversa: i giovani hanno poco passato alle spalle e tanto futuro davanti; i vecchi, al contrario, hanno tanto passato alle spalle e poco futuro davanti. Ai giovani si schiudono le speranze, ai vecchi non restano che i ricordi. Ai primi l'avvenire si apre al possibile e nell'immaginazione si popola di aspettative e di desideri; nei secondi il passato sovrasta le altre dimensioni del tempo, mentre il presente scivola, necessariamente e con moto accelerato, verso un futuro prossimo in cui il mondo proseguirà senza di loro». 

Secondo una modalità tradizionale, si è soliti dividere il ciclo di esistenza umana in infanzia, giovinezza, maturità e vecchiaia. Tale scansione richiama la naturale esperienza quotidiana del nascere del Sole, del mezzogiorno e della sera. Questa suddivisione delle età della vita (infanzia-giovinezza-maturità-vecchiaia) è rimasta immutata per secoli. Agli inizi del Novecento, con l'avvento dell'interpretazione analitica freudiana, l'infanzia non venne più considerata come luogo dell'innocenza oppure del paradiso perduto, ma essa venne descritta come luogo delle lacerazioni e dei conflitti interiori. Oggi, in molti paesi e culture, l'infanzia si è allungata nel tempo. Tuttavia sono presenti delle contraddizioni. 

Al bambino, da una parte, viene chiesto di non crescere in fretta e di rimanere tale, dall'altra assistiamo al fatto che si vede il bambino come adulto. Un fenomeno diffuso è la moda che sta vestendo da adulto il bambino; oppure il bambino che deve divenire presto autonomo per sostenere, talvolta, le crisi degli adulti nella loro mancanza di responsabilità. In questo rapporto tra il tempo dell'infanzia e il tempo dell'adulto, si evidenzia la questione dell'identità. Si è rotto il patto tra le generazioni. «Gli adulti tendono a non diventare mai tali, creando un'incapacità di "passare il testimone", alla generazione che viene. I tempi del passaggio generazionale si sono allungati o non maturano. L'adolescenza e giovinezza si sono, a loro volta, protratte, invadendo il periodo riservato all'età adulta. La vecchiaia, soprattutto nella cultura occidentale, viene presentata non più come sinonimo del declino, ma come green old age: si è cioè allungata verso un'età ancora produttiva, riscoprendo per essa le caratteristiche dell'espressione libera e gradevole, della soddisfazione dei desideri, allontanandosi anche dalla figura della saggezza» (Francesco Stoppa, La restituzione. Perché si è rotto il patto tra le generazioni). 

«Inseguire l'efficienza, la prestanza, l'evitare disagi del corpo (prevenzione), sembrano rappresentare gli elementi che abitano le intenzioni di molti, soprattutto in Occidente e provocare una forma di linea di demarcazione tra una prolungata maturità e il momento dell'accettazione della propria avanzata età» (Remo Bodei, Generazioni). Gli eventi sociali ci descrivono una conclamata rottura tra generazioni, il mancato passaggio di testimone, la perdita di autorità delle figure degli adulti. È la generazione boomerang, per cui i giovani sono costretti a rimanere in casa per più tempo, aumentano le coppie che vivono senza sposarsi, cioè senza perdere i diritti individuali acquisiti e altri fenomeni che descrivono il rallentamento di un'evoluzione sociale nel tempo. 

Da queste analisi si rileva come siano presenti situazioni di diverso genere che inducono a comprendere il tempo come un'esperienza non dinamica, incapace dell'immaginazione del futuro, caratterizzata da sovrapposizioni di generazioni, da età che in qualche modo non si riescono a pensare distinte e definibili come età della vita, con una propria e specifica continuità, nonché dalla difficoltà di maturare una propria identità. Un fenomeno che tenta di descrivere la fatica del crescere, di modificarsi, di vivere il tempo secondo l'inesorabilità del suo avanzare ed evolversi, porta il nome di sindrome di Peter Pan. Di cosa si tratta? È il rifiuto di crescere. Un fenomeno in espansione anche dal punto di vista generazionale, tanto da occupare l'intero arco della vita dell'uomo. Peter Pan è un ritratto del nostro tempo in cui si può considerare la categoria dell'adolescenza (fase della vita in cui ci si prepara a diventare adulti, capaci di generare ed educare altri esseri per renderli autonomi e responsabili) come una condizione a cui si vorrebbe rimanere ancorati per tutto il corso dell'esistenza. 

È un sintomo di generale crisi della civiltà, segnata, in particolare dalla scomparsa dell'adulto, della sua figura di riferimento. La mancanza di capacità di misurarsi con il tempo, di viverlo come luogo del dinamismo aperto verso un futuro, viene detto anche come effetto della mancanza del padre. A questa figura si richiama un ruolo educativo, una figura di riferimento e di sicurezza necessaria, di simbolo del divenire. Il puer aeternus che vive nel potente miraggio di prendere il volo e sfuggire all'opprimente realtà, racconta una crisi di credibilità non forse di valori, ma di coloro che sono chiamati a trasmetterli. Quando il puer aeternus si confronta e scontra con i limiti e le responsabilità, diviene insicuro circa il suo valore e le sue capacità, mettendo in dubbio se ce la farà. Da questo deriva il ricorso alla fantasia di onnipotenza infantile. Ne consegue il blocco dello sviluppo, le insoddisfazioni, i comportamenti a rischio, le fughe varie comprese quelle del suicidio. 

Qualche autore afferma che tutto questo è una conseguenza della paura del futuro. Infatti la sanità psicologica mostra un'apertura e una disponibilità al futuro, differenziandola con la depressione, quale tendenza a rimanere raccolti nel passato e atteggiamento maniacale concentrato nel presente. Quando il futuro chiude le porte, le iniziative sfuggono, le speranze appaiono vuote, la demotivazione cresce e l'energia vitale implode. In genere tutto questo si presenta come un'invocazione di aiuto, che chiede di essere ascoltata. La definizione chiara della figura paterna, il non sconfinamento delle identità poste in fasi diverse, questo può essere una garanzia di crescita, evitando la fissazione nelle varie e differenti fasi, nonché l'assicurazione nel definire la propria personale identità e la capacità educativa di ogni generazione nell'accompagnare a dare vita.

L'adulto che definisce simbolicamente la figura paterna dovrà essere capace di accompagnare il figlio verso l'età adulta, con la propria benedizione che è un bisogno anche tipico del figlio, ma anche del padre stesso. Se viene a mancare, il bisogno rimane insoddisfatto. L'identità di Peter Pan è un ritratto del nostro tempo: giovani, adulti, adolescenti che vivono in un contesto di mancanza apparente di norme e di limiti, dove tutto sembra un diritto, un dovuto, rifiutando la fase dell'esistenza in cui si è chiamati ad assumere le proprie responsabilità. In qualche modo si può dire che ciò è immagine di un contesto senza l'adulto che è capace di paternità.

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