La realtà e le sfide delle famiglie.
Entriamo nel secondo capitolo dell'Esortazione Apostolica
Papa Francesco ha i piedi per terra e si immerge nella varietà delle situazioni familiari. Coglie le sofferenze dei papà, delle mamme, dei nonni e dei giovani, alle prese con i problemi debilitanti dei nostri giorni. Non manca di spronare alla lotta contro il male, incitando alla utilizzazione di tutte le risorse intellettive e spirituali in proprio possesso. Egli ricorda che alleato dell'uomo e in prima linea, è lo stesso Dio che non desidera la sofferenza e vuole che ciascun uomo sia strappato agli artigli del male. E' il più sano realismo predicato dalla Chiesa, realismo fatto di attenzione per ogni situazione particolare, fatto di discernimento, di accoglienza, di perdono, senza formulare giudizi in ragione di principi o norme generali. Il giudizio è importante ma non quello che scaturisce dal confronto tra un modello di ragionamento o una norma etica generale e il caso singolo da guardare e valutare. Il giudizio o è inculturato o non ha senso. E' importante l'accezione del giudicare proposta da Bergoglio: giudicare è comprendere, è capire senza operare confronti con modelli precostituiti. Giudicare è guardare, accogliere ed entrare nella situazione e nelle persone senza schemi precostituiti da ideologie o assolutizzazioni esterne.
Oggi la famiglia soffre situazioni penalizzanti: "gli individui, scrive il Santo Padre nei paragrafi 32-33, sono meno sostenuti che in passato dalle strutture sociali nella loro vita affettiva e familiare" e sono tentati da un "individualismo esasperato che snatura i legami familiari e rende ogni componente come un'isola con effetti devastanti come l'insofferenza e l'aggressività". La famiglia diventa sempre più un luogo di passaggio e di consumo.
Nel Paragrafo 37 il Papa affronta un argomento molto significativo, il rilievo da attribuire alla coscienza del fedele. Papa Francesco intende valorizzare quanto di buono ogni uomo possiede e di partire sempre da quel poco per iniziare un cammino che può in seguito dare molti e buoni frutti. L'uomo ha cultura, ha speranze, ha memoria, ha ricordi, ha propositi e attese, ed ha una propria personale coscienza. Questa si riduce o si annulla quando il soggetto si fa dominare dalle problematiche del momento e quando segue i fumi delle mode e delle congetture degli uomini. Guai se la coscienza del singolo è offesa dalla prepotenza di chi è nelle condizioni di imporre il proprio punto di vista. La coscienza è preziosa se aperta, se è libera di guardare, di pensare, di progettare, di valutare.
Scrive Papa Francesco: "Stentiamo a dare spazio alla coscienza dei fedeli che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi". E' un errore pensare che i fedeli non abbiano un proprio mondo interiore o non siano in grado di autonomia e di discernimento. Le convinzioni spingono il Santo Padre a fornire opportune delucidazioni sul modo di insegnare e di trasmettere il Vangelo. Chi racconta la vita di Gesù deve sapere che di fronte ha coscienze fatte di storia, di eventi culturali e spirituali, di pensieri e di metodi di apprendimento e deve donare pietre vive e non pietre morte. La coscienza dei fedeli è un mondo complesso spesso inesplorato e sconosciuto, un mondo in cui si combattono parole di Dio e parole degli uomini, un mondo faticoso e sofferente, fatto di perdite e di conquiste, un mondo di attese, di sudditanza al mondo e di sguardi rivolti al cielo.
Dice Papa Francesco: "Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle". Non è questione di imporre un impossibile cambiamento totale del mondo interiore di una persona: l'imposizione si ha quando da una parte c'è la forza, c'è il potere, ci sono le armi. La sudditanza passiva è fuori la volontà di Dio. La formazione della coscienza dei fedeli deve avvenire nel rispetto del curriculum già percorso, nel rispetto dell'io. Formare non è cancellare un mondo e obbligare a partire da zero bensì incontrare un percorso, stimolare una riflessione, discernere, implementare, selezionare, accrescere. Il cammino di chi chiede al Signore di essere guarito è personale, silenzioso, anche tra scelte peccaminose. Gesù salva chi apre la propria coscienza al suo volere. Gesù ha già salvato tanti fedeli che la Chiesa non intende salvare.
Il Papa guarda con attenzione alle sfide alimentate dalla "cultura del provvisorio" quali le relazioni brevi, i divorzi facili con conseguenze negative sulla trasmissione della fede, la procreazione fuori dal matrimonio, l'educazione delle giovani generazioni, l'agonia del dialogo nella famiglia, il futuro incerto e problematico. Non dimentica le grandi angustie del nostro tempo come la dipendenza da sostanze tossiche, l'inosservanza di ogni norma a beneficio del pianeta, la proliferazione delle armi, i conflitti sparsi per il mondo, le varie forme di schiavitù ancora esistenti in non pochi angoli della terra. Il mondo sembra aver scelto la propria morte. Ma Gesù è di ben altro avviso. "Portami con te in Paradiso" dice il ladrone a Gesù. In quelle parole è scritta la storia di un uomo, è scritta ogni storia di ogni uomo. A Gesù non interessa il passato di quell'uomo, interessa la condizione della sua attuale coscienza pienamente formata dall'esperienza della Croce.
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