La perfezione umana tra cumuli di pietre

09.02.2023

di Egidio Cappello

Sono stato stimolato ad interrogarmi sulla perfezione dell'uomo. La visione di città e case distrutte per effetto di piani di guerra inumani e diabolici, di persone in fuga verso luoghi sconosciuti, di visi sconcertati e privi di elementi umani, l'ascolto di pianti di bambini che muoiono di stenti e di mamme che pregano e chiedono aiuti, la riflessione sulle condizioni di degrado del consorzio umano, sempre più votato all'autodistruzione, forniscono insieme scenari inumani che lasciano poco spazio ad idealità dignitose e a propositi di edificazione del bene. Può, mi sono chiesto, trovare collocazione, in un mondo siffatto, la perfezione che deriva all'uomo dall'essere immagine di Dio? È l'uomo degno di portare sul proprio volto i segni della divinità? Possiede ancora la tendenza alla dignità e al bene? Può aspirare ancora all'uso pieno della ragione? Malgrado forti dubbi addensino la mia mente non posso non tornare al fondamento di ogni riflessione sulla perfezione dell'uomo. Il fondamento è dato dalle parole di Gesù :" Siate perfetti, perché perfetto è il Padre vostro che è nei cieli". Da questa espressione ricavo l'idea che la perfezione è il carattere essenziale dell'uomo. Le brutture dei momenti storici non cancellano la perfezione che è la qualità che meglio identifica l'uomo.

La presenza del male, rappresentato dai serpenti di turno, causa terrore e tormenti, ma non scalfisce il mondo interiore di chi vive in intimità con Dio e persegue le finalità proprie del progetto divino. La perfezione è qualità dell'uomo, dell'uomo impegnato, dell'uomo che lotta, dell'uomo che si barcamena tra i flutti della vita. La perfezione non è la stazione finale della storia e della vita umana. L'uomo non è perfettibile, è perfetto, in ogni momento della sua storia. Per errore abbiamo pensato che la perfezione riguardasse una realtà immobile, non soggetta alla caducità della vita. Fu Aristotele, l'ipse dixit della filosofia occidentale, ad uguagliare perfezione e immobilità. Dio, per essere perfetto, secondo Aristotele, deve essere immobile. La dinamicità, l'andare oltre la propria realtà sarebbe sinonimo di privazione e quindi di imperfezione. Tanto meno è perfetto l'uomo, che vive situazioni di debolezza, di povertà, di incapacità, e che è destinato alla morte.

L'imperfezione sarebbe il carattere essenziale dell'uomo che, secondo Aristotele, pur tende alla perfezione, ossia alla realizzazione delle proprie potenzialità, ma malgrado i suoi sforzi, la cosa gli è negata. L'uomo non sarà mai una realtà perfetta, un atto puro, dice il filosofo: tenderà sempre a qualcosa d'altro, qualcosa di superiore, mai qualcosa di divino. La perfezione non è dell'uomo, questa è la lezione del filosofo greco. Non è così. Io credo che la perfezione vada a braccetto con la dinamicità delle cose e in modo particolare è appellativo dell'uomo. Subito un esempio: un fiore è perfetto? E se lo è quando lo è? Alla nascita, durante lo sviluppo, nella maturità? È perfetto se ha determinate caratteristiche e non altre? Se profuma in un modo o in un altro? Rispondo subito: il fiore è perfetto in ogni momento della sua vita, è perfetto nella sua dinamicità, nella sua evoluzione, nel suo cambiamento.

Al mondo non c'è niente di immobile. Dio, il creatore del mondo, non è immobile, egli vive il suo progetto, egli è il suo progetto, è geloso, è amorevole, è attento e vigile. Dio sogna come ogni comune mortale. Il suo intervento è creativo, è novità assoluta rispetto al passato, è apertura a nuovi dialoghi con le sue creature, è bellezza continuamente rimodellata sul suo progetto. Se Dio è perfetto, vuol dire che la perfezione evolve. Io penso che tutto al mondo è perfetto, che tutto, in ogni istante della propria vita, è perfetto. È perfetto un monte innevato, è perfetto un fiume che dà vita lungo il suo cammino e va silenzioso verso il mare, è perfetto il sole che ripete ogni giorno la sua donazione all'uomo, è perfetto il cielo con le sue stelle, è perfetto un campo di grano che mostra orgoglioso le sue spighe, è perfetto il lavoro dei fiori, il lavoro delle api, è perfetto il mondo degli abissi, è perfetto il corpo umano dall'atto della nascita, è perfetto l'occhio che apre al mondo, il cuore coi suoi battiti, il cranio con quanto contiene, è perfetto il pancione della mamma che sta per partorire, è perfetto ogni pensiero dell'uomo se finalizzato a realizzare i valori più nobili della cultura, è perfetto ogni sentimento che cerca amore e attua amore. La vita del creato è passaggio da una perfezione ad una perfezione superiore.

La perfezione superiore non dice che quella precedente sia carente e quindi imperfetta; la vita è fatta di stati evolutivi conseguenti, di per sé perfetti. Ogni atto della mente, la nascita o la creazione di un pensiero, se è frutto della natura della ragione ed è volto alla finalità della ragione stessa, è una attività perfetta e nulla vieta che possa crescere all'interno di spazi concettuali e visioni di insieme di maggiore unità. Il creato possiede un cammino di perfezione: esso evolve verso perfezioni sempre più ampie. Il progetto di salvezza di Dio non è volto ad una perfezione finale di cose imperfette. Esso caratterizza l'intero cammino dell'uomo ed include i periodi e le fasi di tenebra. È difficile pensare che all'universo o allo stesso uomo di Nazaret, Dio non abbia concesso la propria perfezione. Dice Gesù, lo abbiamo detto: "Siate perfetti, perché perfetto è il Padre vostro che è nei cieli".

Io facilmente concludo che la perfezione è carattere del creato ed è carattere dell'uomo, carattere questo che nessuna idea o volontà di distruzione, riuscirà ad eliminare dalla vita. Ma certo l'invito di Gesù ad essere perfetti chiaramente manifesta la grande difficoltà a che la perfezione sia colta nel significato più autentico e sia vissuta dall'umanità intera. Le fasi storiche hanno prepotenti di turno, che cercano potere e prestigi a dispetto della propria umanità e della propria ragione. Prepotenti con interessi che cozzano contro la propria stessa perfezione e ne cercano l'oblio. Nel monito di Gesù è chiaro lo spessore di quanto al mondo, in uomini e consorterie di ogni genere, si adoperi perché la perfezione sia oscurata e cancellata dai volti umani. Una domanda tortura il mio ottimismo: come pensare che siano perfetti coloro che scelgono la via della perdizione e del tracollo? Che seguono le leggi del potere e del dominio? Perfetto non può essere l'uomo che accoglie nel suo seno il serpente di turno. E mi sbalordisce, tutte le volte, la promessa di Gesù sulla Croce: "oggi sarai con me in Paradiso".               

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