La Festa della repubblica per rifondare lo spirito democratico del Paese
Un Paese forte e coeso, che in 75 anni con la nascita della Repubblica ha fatto "progressi straordinari" e che oggi ha la porta spalancata verso una "stagione di rinascita" e una ripresa economica da non mancare per modernizzare il Paese. Sergio Mattarella ha aperto ieri sera al Quirinale le celebrazioni del 2 giugno che quest'anno segnano i 75 anni della Repubblica da quando, nel 1946, la maggior parte degli italiani disse no alla monarchia con un referendum. Parole in piena sintonia con quelle del premier Mario Draghi che tanto sta spingendo sulla ripresa e sull'unità del Paese.
"La comunità nazionale, che intraprende il delicato percorso verso il definitivo superamento del periodo emergenziale, celebra quest'anno - ha ricordato Mattarella - la ricorrenza del 2 giugno nel segno dell'impegno collettivo per il rilancio del Paese e della ricerca di nuove prospettive di sviluppo e modernizzazione". Perché "se ora possiamo guardare con maggiore fiducia al futuro, è soprattutto grazie alla ricchezza di risorse che il Paese ha saputo trovare o riscoprire e all'apporto unitario che ciascuno, non senza sacrificio, ha offerto".
Il 2 giugno del 1946 uno storico referendum decideva che l'Italia, dopo le tragedie rappresentate dal fascismo e dalla guerra, diventasse una Repubblica. Un anno e mezzo dopo l'Assemblea Costituente approvava la Costituzione e con essa si apriva una lunga stagione democratica che, pur se attraverso numerose vicissitudini, ha garantito la crescita e lo sviluppo del Paese. Ma tanti sono i compiti che l'Italia deve ancora affrontare per tenere fede allo spirito dei padri costituenti che la Repubblica ci hanno tramandato. Prima di tutto occorre affrontare il nodo delle disuguaglianze e delle povertà, poiché l'eguaglianza sostanziale e la coesione economico-sociale sono principi scolpiti nella Costituzione, per troppo tempo rimasti solo parzialmente attuati.
La Repubblica deve rendere effettivo il diritto al lavoro e fare tutto ciò che occorre perché questo sia strumento di vita e di realizzazione e non di tragedie e morte, deve richiedere l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà, realizzare la pari dignità sociale come esplicitamente richiesto dalla Costituzione. Se questo non si realizza le Istituzioni falliscono e i cittadini non sentendosi tutelati se ne allontanano, mettendo a rischio lo stesso funzionamento della democrazia. E per questo rischiamo passi indietro non marginali. Sicurezza e solidarietà devono camminare di pari passo; sono le due gambe di uno stesso organismo, e devono camminare sul sentiero del riconoscimento della pari dignità umana. Celebrare la nascita della Repubblica non può ridursi all'organizzazione di festeggiamenti, ma impone di accertare che il cammino degli italiani si svolga lungo i percorsi del progresso economico e sociale delineato dalla Carta fondamentale.
E questo deve essere il cammino di tutti, a prescindere dalle posizioni politiche di ciascuno. Allo stesso modo vanno tutelati i diritti di chi vive in parti diverse del Paese. Non sbaglia chi ha definito il divario Nord-Sud - purtroppo crescente negli ultimi anni sia sul piano quantitativo che qualitativo e divenuto causa della drammatica emigrazione giovanile ed intellettuale - il maggior fallimento dello Stato unitario e ancor più dell'Italia repubblicana. Non possono esserci cittadini di serie A e di serie B sulla base dei diversi luoghi di nascita o di residenza, senza vulnerare l'essenza stessa della pari dignità della cittadinanza.
Molti passi l'Italia ha compiuto in questa direzione, ma molta strada resta ancora da fare... con all'orizzonte il compito sempre fondamentale di rifondare sempre di nuovo lo spirito democratico del paese, perché vengano definitivamente superate le distanze morali, culturali e politiche che frenano la corsa del nostro bel Paese ad essere per tutti "terra promessa".
Buona Festa della Repubblica.
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