L’amicizia tra gli adolescenti

02.07.2024

Negli adolescenti «l'amicizia non è soltanto una relazione, ma rappresenta anche un elemento costitutivo del contesto da cui il sé trae significato. Esiste una stretta interdipendenza fra impegno nell'amicizia e incremento della comprensione del sé».

di don Salvatore Rinaldi e Chiara Franchitti

L'adolescenza "non esiste": esistono gli adolescenti, ciascuno diverso dall'altro, alcuni così diversi che, pur avendo la medesima età, si stenta a riconoscerli della medesima categoria. La variabile più significativa dei comportamenti adolescenziali è l'accettazione o il rifiuto che l'adolescente ha di sé. L'interesse per gli adolescenti non si limita alla loro conoscenza, ma riguarda anche e soprattutto la percezione e il rapporto che gli adulti hanno con gli adolescenti. L'amicizia, esperienza significativa per la persona di ogni età, nell'adolescenza assume un carattere particolare, perché può attenuare le difficoltà del passaggio dall'infanzia – tipica per il suo bisogno di dipendenza –, all'età adulta, caratterizzata da un marcato bisogno di autonomia. L'adolescente, non più bambino, è ancora attratto dai vantaggi dell'infanzia; ma è anche fortemente affascinato dall'autonomia degli adulti che, ai suoi occhi, rappresentano la libertà, il potere, l'"onnipotenza". L'amicizia negli adolescenti ha una base naturale, nasce da un bisogno di stabilire un legame importante con i coetanei, i soli ritenuti capaci di "capire", di accogliere confidenza, di condividere segreti. L'amicizia, pur avendo tratti in comune e compatibili, si differenzia nettamente dall'amore per un'attrazione sotterranea silenziosa, espressa senza parole ma sentita profondamente. Quando mette radici profonde, l'amicizia rimane stabile nel tempo e non richiede una "manutenzione" continua, calcolata. L'amicizia adolescenziale rimane viva nel tempo e rinverdisce gioiosamente ogni volta che i "vecchi amici" si incontrano, anche a distanza di molti anni. Mentre l'amicizia, per sua natura è legata all'"essere" della persona e rimane invisibile, l'amore tende al "fare", si manifesta con un vocabolario ricco, con espressioni ricercate e fantasiose. L'amore di coppia, come l'amicizia, può essere interpretato come un bisogno specifico dell'adolescente, ma entrambi seguono percorsi diversi. Gustavo Pietropolli Charmet in Amici, compagni complici, (Franco Angeli, Milano 2010, pp. 16-17) dice: «L'amicizia ha una base naturale, obbedisce a una prescrizione innata che sospinge verso la rottura dei legami familiari e l'apertura verso l'esterno. I coetanei sono i primi rappresentanti della comunità sociale a suscitare interesse e aspettative. Alcuni di loro verranno amati. Gli uni in base ai valori dell'amicizia, gli altri in base al codice dell'amore di coppia. Generalmente si comincia a fare esperienza dell'amicizia, poi ci si cimenta con l'amore. L'esperienza insegna che se un adolescente ha studiato bene la materia dell'amicizia, poi si cimenta con l'amore con un bagaglio di competenze che lo aiutano ad affrontare l'esperienza sconvolgente dell'innamoramento».

Nell'amicizia gioca un ruolo rilevante la consonanza nel modo di vedere la vita e di affrontare i problemi che essa di volta in volta presenta. Si tratta però di una consonanza che di solito non è completa. Se, da un lato, questa consonanza rende più facile l'instaurarsi di un rapporto, dall'altro, la diversità conferisce a tale rapporto un carattere dialettico e un'influenza che garantisce un reciproco arricchimento. Possiamo individuare quattro tratti distintivi rilevati nel rapporto di amicizia fra adolescenti, che sono: totale confidenza, totale discrezione, esclusivismo (accompagnato da gelosia, che tende comunque ad attenuarsi con il progredire dell'età) e una forte empatia accompagnata da un radicato sentimento di appartenenza.

Un elemento sembra comunque avvicinare queste differenze: la "simpatia" (nel suo significato letterale di "sentire insieme") che rende sfumate le uguaglianze e le differenze; esistono comunque due livelli ipotizzabili di amicizia: uno superficiale relativo al "fare" e uno più profondo relativo all'"essere" della persona. L'amicizia non nasce né si sviluppa per fare, ma per essere: «è sempre alla ricerca di qualcosa da fare, ma il suo mestiere è essere, cioè erogare l'esperienza della scoperta dei propri pensieri che divengono visibili ed anzi possono essere urlati nella discussione solo ed esclusivamente nella relazione con l'amico o l'ami-ca, non con chiunque, magari anche più intelligente e competente sulla materia su cui si discute». (Pietropolli Charmet, Amici, compagni complici, p. 40). L'amicizia rimane comunque un intreccio misterioso di bisogni personali e prospettive ideali, così come la simpatia, presenta tratti oggettivi, ma soprattutto tratti soggettivi, di cui è più facile cogliere gli effetti che non le cause profonde. Gli effetti sono soprattutto il benessere nello stare insieme, sentendosi capiti senza bisogno di parlare, sentendosi stimati senza la fatica di esibire i propri talenti, sentendo di poter confidare segreti senza bisogno di chiedere garanzie. Osservando e ascoltando gli "amici" è facile accorgersi – da quello che dicono e anche da ciò che non dicono – che la loro presenza è per loro il dono più grande che possano scambiarsi. «Spesso l'amicizia si misura dalla quantità di silenzio che si riesce a godersi senza imbarazzo».

Il gruppo è un tema obbligato per l'espressione e la conoscenza dell'amicizia fra gli adolescenti, che vivono gran parte del loro tempo in relazione con i loro coetanei, e proprio nel gruppo manifestano anche le loro più tipiche ambivalenze. Lo "stare insieme", infatti, non sempre ha un esito socializzante. È generalmente ammesso che un adolescente si socializza mediante la vita di gruppo: il gruppo assorbe l'aggressività individuale, scarica l'adolescente dei suoi sentimenti di colpevolezza, tende a compensare i suoi sentimenti di inferiorità: l'adolescente sviluppa la sua autonomia al riparo dell'azione del gruppo, il quale, benché limitativo e non sociale, prepara la socializzazione. Pietropolli Charmet, ad esempio, definisce il gruppo di amici una "superpotenza affettiva", alla quale difficilmente gli adolescenti sanno dire di no, anche quando li sospinge ad adottare condotte rischiose, che mai assumerebbero al di fuori del legame che li rende sudditi del loro piccolo gruppo di amici. E aggiunge: «Alcune azioni compiute in nome dell'amicizia lasciano cicatrici perenni, a volte nella fedina penale, a volte, peggio ancora, nella memoria affettiva, ove la vergogna per il tradimento perpetrato nel confronto degli amici o il non essere all'altezza delle loro aspettative brucia a lungo, a volte per tutta la vita». L'amicizia in un gruppo ha una sua evoluzione rispetto all'età dei suoi componenti e anche rispetto agli interessi che essi hanno nel condividere la loro amicizia. Più avanzata l'età più si selezionano i coetanei e si assottiglia il numero degli amici "veri". È un segnale che indica che la relazione amicale aumenta sempre più di importanza, e da esperienza abituale facoltativa diventa esperienza esistenziale fondamentale. Le motivazioni che consentono agli adolescenti di aggregarsi in gruppi, secondo le ricerche empiriche condotte al riguardo, risultano diverse fra ragazzi e ragazze. I primi sono fortemente attratti dal "fare", dallo svolgere attività insieme, per mostrare la loro presenza fisica, per primeggiare, per avere successo; le ragazze sono maggiormente interessate a "stare insieme": per parlare, per scambiarsi confidenze per un marcato bisogno di "sentirsi comprese".

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