Il Mediterraneo: un mare di storia, di cultura e… di conflitti
di Gian Marco Di Cicco
Il grande poeta Virgilio scriveva, riferendosi al Mar Mediterraneo: «Un teatro, che non è solo spazio geografico, ma sguardo sull'alterità (...) che è la Storia di uomini e donne che - incontrandosi - cercano un senso per la loro vita». Fin dall'epoca più antica, il "Mare Nostrum" è stato considerato una delle aree geografiche più strategiche e più prossime agli scambi commerciali tra i territori dell'Europa meridionale, dell'Africa settentrionale e del Medio Oriente.
Questo spazio marittimo rappresenta sia un luogo in cui possono espandersi i flussi mercantili sia un'area strategica in cui le idee possono circolare. I diversi Stati, infatti, sono tra i più ricchi di testimonianze storiche e archeologiche dei tre più antichi continenti, considerando le notevoli quantità di contaminazioni culturali che, nel corso dei secoli, hanno arricchito questo bacino acquatico. In questo mare di storie, dove più che le civiltà sono stati gli uomini ad incontrarsi, le diversità culturali acquistano una rilevanza eccezionale e dimostrano di essere la ricchezza più significativa dell'umanità. Io vorrei soffermarmi su questo tema, per sottolineare l'importanza dell'iniziativa umana che ha inciso sulla storia del Mediterraneo, pensando non tanto alle grandi potenze terrestri e marittime considerate protagoniste, ma alle migrazioni dei popoli fatte di individui isolati, intraprendenti e coraggiosi che hanno fatto la loro parte.
Il Mediterraneo costituisce un campo privilegiato per misurare l'ambiguità del concetto di cultura, che è diventato ormai un principio ideologico di discriminazione, strumento politico di esclusioni e sovranismi, perché reso poco dinamico e statico, al di fuori della storia. Questo spazio geografico rappresenterebbe l'emblema del cosmopolitismo contemporaneo, in continuità con i flussi e i traffici di merci e persone del passato, tuttavia, gli equilibri geopolitici ed economici rendono quasi improponibile lo scambio tra un Paese e l'altro. Il Mediterraneo si identifica ancora con il fulcro di un crocevia di esperienze umane e non è possibile che tale ricchezza sia messa in discussione da interessi militari o dal predominio sugli spazi. D'altronde, la concezione inclusiva della storia di questo mare si dissocia dalle logiche di esclusione e discriminazione, dai pattugliamenti militari e contro i sovranismi, la chiusura dei porti e il respingimento degli immigrati.
Il 6 maggio scorso, sulle principali agenzie di stampa nazionali, è stata pubblicata la notizia secondo la quale il peschereccio "Aliseo" della flotta di Mazara del Vallo, impegnato con altre due imbarcazioni in una battuta al largo delle coste di Bengasi, è stato mitragliato da una motovedetta militare libica. I colpi d'arma da fuoco hanno ferito il comandante. Le imbarcazioni italiane si trovavano in una zona definita "ad alto rischio" ma ciò non giustificherebbe i colpi di avvertimento esplosi dalle autorità libiche. Questa situazione dimostra che il Mediterraneo diventa uno spazio da occupare, le cui risorse devono essere contese tra gli Stati che si affacciano su questo mare.
Le mire espansionistiche della Libia sono propedeutiche a possibili attacchi in mare aperto, come quello che è avvenuto qualche giorno fa ai danni dei pescherecci, battenti bandiera italiana, ma non giustificano violenze o soprusi nei confronti, soprattutto, di altre forze produttive di altri Paesi. Lo spirito di cooperazione internazionale viene violato da pretese sovraniste ed espansionistiche. Questa stessa attenzione a preservare le proprie risorse statali in mare non viene altrettanto concepita dai leader degli Stati sul Mediterraneo quando si tratta di soccorrere delle vite umane in difficoltà.
Le migrazioni, infatti, diventano terreno di scontro politico tra le varie fazioni partitiche; strumentalizzazione per le coalizioni governative e imbarazzo per la mancata reazione delle comunità sovranazionali. Tali logiche non sono superate e la tutela dell'interesse fazioso prevale sulla garanzia nei confronti della vita e della dignità umana. Essere parte di un mondo sempre più interconnesso, non solo virtualmente, dovrebbe consentire ad ogni cittadino di sentirsi parte di uno spazio sempre più allargato.
Sovranismo ed esasperazione dell'appartenenza territoriale consentono di comprendere lo scontro che, in questi ultimi giorni in particolar modo, è di nuovo esploso in Palestina. Dopo un periodo di "quiescenza" a causa della pandemia, nuovi razzi, nuovi morti e nuove tensioni continuano ad essere al centro delle relazioni tra lo Stato israeliano e l'Autorità palestinese. Non mi concentro sulle questioni del conflitto ma è opportuno che la comunità internazionale si prodighi affinché il Mediterraneo e gli Stati che vi si affacciano siano terreni dove poter diffondere la storia e la cultura delle più antiche popolazioni al mondo. Potersi aprire ad altri non è solo un'occasione per espandersi a livello economico ma soprattutto è stimolo al progresso umano e sociale.
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