Gesù ama il peccatore ed è al suo servizio, sempre.

02.04.2022

Quinta domenica di Quaresima - Anno C

Letture: Is 43, 16-21; Sal 125; Fil 3,8-14; Gv 8, 1-11

di don Mattia Martino

Domenica scorsa la commovente parabola del padre misericordioso ci ha esortato a credere nella infinita misericordia di Dio. La quinta Domenica di Quaresima insiste sul medesimo tema e ci mostra come la misericordia sia peculiare dell'agire di Gesù. Meditiamo sull'episodio dell'adultera proposto dal vangelo odierno. Pur essendo un testo da sempre ritenuto Vangelo autentico dalla Chiesa (dunque appartenente al canone dei libri ispirati), esso ha avuto una storia molto particolare: assente dai più antichi manoscritti, nel corso dei secoli vaga dal Vangelo di Luca a quello giovanneo. Noi lo leggiamo in obbedienza al canone, che lo ha inserito nel quarto Vangelo, nonostante lo stile si avvicini più a quello di Luca, l'evangelista della misericordia. Per questo lo si inserisce nel ciclo di letture dell'anno C.

Gesù è a Gerusalemme e dopo aver passato una notte al monte degli Ulivi sale al Tempio, dove era solito accogliere le persone che andavano da lui per ascoltarlo. Mentre sta insegnando, tra la folla si fanno spazio scribi e farisei che gli pongono dinanzi una donna sorpresa in adulterio. Un evento di violenza: viene interrotto l'insegnamento del Maestro, la donna viene strattonata e offesa con parole che la espongono alla vergogna di tutti. Il loro scopo è di tendere un tranello a Gesù, per avere occasione di accusarlo e farlo fuori. La Legge prevedeva la pena di morte per l'uomo e la donna adulteri, mediante la lapidazione (cf. Dt 22, 22-23). La loro posizione è formalmente ineccepibile. Se Gesù non conferma quella condanna, si pone contro la Legge. Se invece decide a favore della Legge perde quell'aureola di misericordia che tanto lo accompagnava e che tanto irritava scribi e farisei. Gesù si rifiuta di rispondere, si china a scrivere senza proferir parola. Dinanzi a lei c'è una donna che, di fatto, è stata già condannata. Non si conosce nulla della sua storia, dei suoi sentimenti, di cosa potrebbe averla spinta a commettere quel peccato. È sola, esposta al giudizio di tutti (non si fa menzione nemmeno del suo complice, reo di morte quanto lei). È una persona che viene identificata con il suo peccato. Ma Gesù passa dalla posizione di giudice (seduto) a quella del servizio (chinato). Gesù ama il peccatore ed è al suo servizio, sempre. Poche immagini sono così eloquenti come questa di Gesù, chinato a terra, con la donna che è in piedi dinanzi a lui. E scrive per terra: gesto enigmatico (che sarà ripetuto) e che ha avuto diverse interpretazioni. San Girolamo pensa che Gesù scriva i peccati di coloro che hanno accusato la donna; altri ritengono che Egli abbia scritto il giudizio sulla donna e sui suoi detrattori ancor prima di pronunciarlo. Il gesto di Gesù rievocherebbe il dono del Decalogo: la Legge scritta su pietra, scolpita da Dio con il dito. Egli, invece scrivendo per terra, la terra di cui siamo fatti noi figli di Adamo, indica che c'è una Legge che va scritta nella nostra carne, nella nostra creaturalità. E questa legge è la legge dell'amore misericordioso.

Non sappiamo se Gesù abbia scritto sulla terra o sul selciato del Tempio. Ma è bello lasciare a questo gesto anche il carico di mistero che ha.

Gesù resta chino a scrivere e, incalzato, risponde con un'affermazione che inchioda tutti: per iniziare a lapidare la donna occorre che chi compia tale gesto sia per primo senza peccato. Certo, la donna ha sbagliato. Ma chi può ergersi a giudice contro di lei? Nessuno è senza peccato nella Scrittura. Persino il giusto pecca sette volte al giorno (cf. Pr 24, 16). E di fronte a questa provocazione vanno via tutti. Restano solo Gesù e la donna; il giudice e l'accusata; la misera e la misericordia (come commenta Agostino).

E Gesù la guarda; ora è in piedi, davanti a lei. La chiama "donna" come aveva fatto con sua madre, con la samaritana, come farà con Maria di Magdala al mattino di Pasqua. Gesù le restituisce piena dignità: è una donna, non una prostituta. E la perdona, senza che nel testo si faccia un minimo accenno al pentimento della donna. Quanta fiducia deve aver infuso quel "và!" a quella donna! Cristo è l'unico che senza peccato e rinuncia al diritto di condannare, perchè non vuole la morte del peccatore, bensì che si converta e viva (cf. Ez 33, 11). Gesù ha dato a quella donna la possibilità di ricominciare , di sapere che c'è un amore nuovo, molto diverso da quello che l'aveva delusa, che le aveva fatto cercare la felicità fra le braccia di un uomo che l'aveva abbandonata nel pericolo. Non sappiamo se questa donna abbia cambiato vita realmente, ma possiamo anche noi comprendere come comportarci verso chi sbaglia.

Alla ferma condanna del male (Gesù non ha mai detto che l'adulterio non fosse peccato, anzi ne condanna persino il solo pensiero), deve accompagnarsi l'attenzione al peccatore, che può essere sempre guarito dalla misericordia.

Il Vangelo odierno colpisce molte nostre abitudini: non brandiamo più pietre contro il prossimo (la legge ce lo vieta). Ma fango, critica, maldicenze sì. E se qualcuno che conosciamo cade, dal confronto con la sua condotta, vogliamo solo far brillare la nostra. Gesù propone un rimedio a questo circolo vizioso, invitando anche noi a usare parole che creino possibilità di ripartire dopo una caduta, perché nessuno può appartenere solo e soltanto al suo sbaglio.   

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