Francesco Canini, Il mare, come la vita

13.09.2021

di Rocco Zani

Terracina bisogna conquistarla. La città alta naturalmente. Quel borgo antico appartenuto, per secoli, a uomini e donne di ogni dove. Ai navigatori e ai mercanti, ai viandanti, agli sguardi millenari. Bisogna conquistarla per risalite impervie, saliscendi, agore di sosta e platani insoliti tra giardini altrettanto insoliti.

Pittore e gallerista di lunga data Francesco Canini lascia Roma un decennio fa. Dapprima abita il mare su una minuscola goletta che è dimora, studio, universo di incanti. Poi la terraferma, nel cuore della città alta, tra i sassi della romanità e le bifore di una ruralità inconsueta. Il suo spazio espositivo - come rinnegare la passione della prima ora? - è una sorta di "acquario celeste". Poche tele - le sue - quasi a concludere la dimensione del gesto; come a interrompere un "tempo colmo" per riafferrarlo nella campitura successiva. La "nuotatrice" di Francesco Canini - il dolce assillo - non è la sirena di Odisseo e neppure l'immagine di un ipotizzato rimpianto. Lei è, in definitiva, il "mare": la risacca, l'onda lieve, il bagliore incauto, l'abisso. Perché Francesco Canini ha fatto del mare la sua coscienza vigile ovvero il luogo testimoniale di ogni memoria, di ogni presenza, di quell'illimite che custodisce il sogno e la veglia. La "nuotatrice" lo attraversa al pari del tempo. Perché è mare e tempo, dimensione onirica e stagione di vita. Il corpo è soltanto un'ipotesi visiva al centro di un piano cromatico che non ha distinguo o transiti, sospeso e immerso, sfumato e duttile come onda, appunto, o sollievo. Come la vita direi. 

©Produzione riservata

Unisciti al nostro canale Telegram, resta in contatto con noi, clicca qui