Caterina da Siena: quando lo Spirito diventa fuoco
In tre puntate, vi proponiamo una approfondita riflessione su una delle Sante Italiane più "belle" provando a viaggiare con lei nel suo "abisso di carità".
Vera Mocella
I santi sono le figure storiche che hanno cercato di incarnare quella sequela Christi che dava un senso alla loro vita. La figura che ci accompagna in questo meraviglioso cammino, per la seconda tappa del nostro viaggio, alla scoperta dei santi che si sono nutriti del cibo eucaristico, è santa Caterina da Siena. Donna di notevole spessore, capace di dialogare con papi e potenti, influente nella vita socio politica del tempo, insieme a san Francesco d'Assisi patrona d'Italia, ed una delle poche figure femminili che può vantare il titolo di "dottore della Chiesa". Caterina, tanto fragile e minuta nel corpo, quanto possente ed indomita nello Spirito, incarna quella figura di "donna forte", decantata dalla Bibbia. In un tempo in cui la figura femminile è volutamente tenuta ai margini della storia, Caterina si impossessa della storia stessa, la guida, la cavalca, incarnando quella parresia, o libertà di parola, che rifugge dalle convenzioni umane e si nutre solo dello Spirito. Santa Caterina da Siena (1347-1380), oltre che patrona d'Italia, patrona anche d'Europa, portatrice di stigmate invisibili, digiunò per otto anni, nutrendosi di eucarestia, come approfondiremo in seguito. Caterina nasce appunto a Siena, da un padre tintore, che ebbe una prole numerosissima, composta da ben venticinque figli. Fin da giovanissima, mostra una chiarissima vocazione alla vita spirituale, in netto contrasto con l'ambiente materialista nel quale viveva. A soli sette anni, la bambina ha una splendida visione di Gesù in abiti pontificali, che le appare insieme agli apostoli Pietro, Paolo e Giovanni, le sorride e la benedice. Da quel momento, la vita della piccola Caterina cambia radicalmente. Con la serietà e la maturità dei bambini, che hanno un contatto privilegiato con lo Spirito, fa voto di consacrarsi interamente a Cristo, di donare a Lui anche il suo corpo, facendo voto di verginità. La vita della giovane senese, per questa scelta radicale e profonda, sarà irta di difficoltà e di ostacoli.
Sarà soprattutto la madre Lapa, ad essere l'ostacolo maggiore per il percorso spirituale della ragazza, cercando di distoglierla, in tutti i modi, dalla sua vocazione. A quindici anni, Caterina rifiuta il matrimonio che i genitori le propongono, dichiarando di avere già scelto, come suo sposo, il "dolce Gesù". La madre non si arrende, e cerca di blandirla, prospettandole un avvenire mondano e privo di sofferenza. Ma un evento traumatico sconvolge i piani ed i progetti di Madonna Lapa. La morte prematura ed improvvisa, per parto, dell'amatissima sorella maggiore di Caterina, destino che l'accomuna a tante altre donne del suo tempo, radicherà la giovane, nel suo proposito di dedicare la sua vita a Gesù. Sottoposta a terribili reprimende da parte della madre, per alcuni anni, sarà anche costretta a fare da serva ai fratelli e ai genitori, nella sua stessa casa. Caterina affronterà umiliazioni e prove, con fortezza e coraggio, radicata saldamente nel suo proposito. Un gesto eclatante, quello di tagliarsi i capelli, che Caterina aveva splendidi, suggeritole involontariamente da quello che poi diventerà il suo padre spirituale, Tommaso Della Fonte, e che negli anni della prima giovinezza di Caterina frequentava la sua casa, che la ragazza interpreta come "suggerimento" dello Spirito per svincolarla dai tentacoli opprimenti del clan familiare, sanciranno, come nel caso di Santa Chiara, la sua volontà di consacrarsi totalmente a Cristo.
Uno dei fattori della bellezza della ragazza senese, infatti, erano proprio i capelli. Caterina rinuncerà con gioia alla bellezza della sua chioma, per recidere tutti i legacci terreni. Si ritira, nel 1363, presso le Sorelle della Penitenza di San Domenico, le Mantellate, dove, per quattro anni, conduce vita di penitenza e di preghiera. Le Mantellate, suore del Terz'Ordine della Penitenza, conducevano, in casa, una vita quasi claustrale, e portavano un mantello nero, su una veste bianca. Ricoperte di un velo bianco, si incontravano, per la preghiera comune, nella Cappella delle Volte, nella chiesa di S. Domenico, di Siena. Come Scrive padre Gerardo Cioffani: «L'entrata nell'Ordine non significò una scelta in senso esclusivamente mistico. Infatti, non mancava dal rendere visita ai suoi e, soprattutto, di visitare i malati, sia all'ospedale della Scala che al lebbrosario di S. Lazzaro. L'elemento mistico restava, però, prevalente.
Cominciò infatti una vita di ritiro, nella veglia e nelle penitenze, accompagnando, con la preghiera personale, la preghiera corale dei frati. Ovviamente, non sapendo leggere, alla preghiera comune si limitava ad ascoltare le consorelle. Un periodo di ritiro, che si concluse con la famosa visione dello sposalizio. Era il carnevale del 1367 e, mentre tutti fuori facevano allegra baldoria, le apparve la Vergine a fianco del suo divin Figlio, che teneva un anello luminoso. Facevano loro corona S. Giovanni Evangelista, S. Paolo, S. Domenico e il re Davide, che suonava l'arpa. Fu la Vergine a prendere la mano di Caterina e quella del Figlio, ponendo l'anello nuziale al di lei dito, mentre Gesù esortava la novella sposa ad operare per la gloria di Dio. Il carisma che da lei emanava era così forte che, nonostante la sua giovane età, poco a poco diversi senesi, anche di famiglie altolocate, cominciarono a frequentarla ed a chiederle consigli. Dopo questa attività, svolta nella sua città, Caterina allargò i suoi orizzonti partecipativi. L'occasione venne dal ritorno ad Avignone del papa Urbano V, nel 1370, dopo tre anni di permanenza a Roma. In una visione, le fu imposto di abbandonare la vita contemplativa, per scendere sul terreno della lotta con la croce in collo, e l'ulivo in mano.
Quando, oltre al tema del ritorno del papa a Roma, cominciò ad occuparsi della riforma della Chiesa e della crociata contro i Turchi, molti ne furono entusiasti, ma altri gridarono allo scandalo, perché a tali appelli, si dedicava una donna e per di più, una suora. Ecco perché, ad occuparsi della faccenda, si sentì investito lo stesso capitolo generale dei Domenicani, a Firenze. A dire il ver, dovette già essersene occupato il capitolo provinciale di Siena del 1372, anche se la vicenda è nota solo indirettamente. Si sa, infatti, che il vescovo francescano affidò la cosa all'inquisitore francescano Gabriele da Volterra, il quale però lo si ritrova l'anno dopo fra i discepoli della Santa. Ora al capitolo generale di Firenze (maggio 1374) Caterina fu nuovamente esaminata, come conferma l'Anonimo Fiorentino con queste parole: "Venne a Firenze del mese di maggio anni MCCCLXXIV, quando fu il capitolo de' Frati Predicatori, per comandamento del maestro dell'Ordine, una vestita delle pinzochere di Santo Domenico che à nome Caterina di Jacopo da Siena, la quale è d'etade di venzette anni, quale si reputa che sia santa serva di Dio; e collei tre altre donne pinzochere del suo abito, le quali stanno a sua guardia. E della quale, udendo la sua fama, procacciai di vederla e prendere sua amistà; intanto che parecchie volte venne qui in casa. E comprendendo io della vita sua, ingegnaimi di sapere d'essa quanto più potei sapere. E qui appresso ne farò memoria a sua laude e mia consolazione di quelle poche cose che io ne potei sapere".