Abbandono scolastico: povertà educativa e non solo.

23.04.2021
di Deborah Ciccone 

Nonostante il fenomeno dell'abbandono scolastico sia in calo, l'Italia rimane uno dei paesi più colpiti d'Europa. Secondo quanto emerge dalla Relazione di monitoraggio del settore dell'istruzione e della formazione, per il 2020, la percentuale di giovani nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni che abbandonano precocemente l'istruzione e la formazione è stata del 13,5%.

Quello dell'abbandono scolastico è un tema delicato, complesso, un problema sociale da monitorare per contrastare la povertà educativa e non solo.

Le sue conseguenze negative, infatti, ricadono non solo sul singolo ma sull'intera società.

Le cause possono essere sia interne che esterne all'individuo; possono coesistere fattori personali, sociali, economici, familiari.

Il fenomeno colpisce maggiormente i ragazzi provenienti da contesti sociali difficili e da famiglie che vivono una condizione di svantaggio socioeconomico.

Il Rapporto BES dell'ISTAT-CNEL 2014 prende in analisi la famiglia ed evidenzia che, su 100 ragazzi con genitori con la licenza media, 27 abbandonano gli studi, 7 su tra quelli che hanno i genitori diplomati, e meno di 3 quando i genitori sono laureati.

Ad abbandonare precocemente il percorso scolastico sono maggiormente i ragazzi, il 15,4% contro l'11,3 % delle ragazze.

Ad essere, in maggior misura, esposti al fenomeno, sono sicuramente gli alunni nati all'estero.

In questo caso il rischio di abbandono scolastico interessa circa 1 alunno su 3 (il 32,5%). Desta preoccupazione, anche in questo caso, la forbice territoriale. Le regioni del Sud Italia registrano, rispetto al fenomeno, tassi più alti.

Le regioni con più giovani fuori dal circuito scolastico sono la Sardegna con il 21,2%, la Sicilia con il 20,9% e la Campania con il 19,1%.

Le stesse regioni, presentano anche i più bassi livelli di occupazione giovanile, a conferma della correlazione, spesso presente, tra dispersione scolastica e difficoltà nell'accedere al mondo del lavoro.

Chi riesce a trovare un impiego, spesso vive condizioni precarie, con poche garanzie e uno stipendio insufficiente. Si innesca così, non di rado, quel circolo vizioso che porta il soggetto a ricadere nel disagio economico, nell'esclusione sociale, probabilmente gli stessi disagi per cui ha abbandonato la scuola.

Allarmante è anche la correlazione tra il tasso di abbandono scolastico e quello di devianza giovanile e illegalità, soprattutto in alcune zone del Meridione.

È una fase delicata quella della scuola. Spesso, l'abbandono, affonda le sue radici in un percorso scolastico segnato dall'insuccesso e dalla frustrazione, da un rapporto conflittuale con l'istruzione scolastica che porta ad un etichettamento al quale il ragazzo risponde sviluppando un senso di estraneità nei confronti della scuola, vissuta come fonte di ansia, escludente e discriminante.

E se i dati relativi all'anno 2019 ci tenevano ancora lontani dall'obiettivo europeo per il 2020 del 10%, la pandemia ha sicuramente contribuito ad acuire il fenomeno.

Sono allarmanti i dati delle procure minorili dai quali emerge in maniera chiara che la didattica a distanza ha aumentato a dismisura la dispersione scolastica.

Il 28% degli adolescenti dichiara che dall'inizio della pandemia almeno un compagno di classe ha smesso di frequentare la scuola.

Troppi ragazzi più fragili, in questi giorni, non sono tornati in classe.

Occorre un approccio globale ed integrato che coinvolga tutti gli attori interessati, per far si che nessuno resti in dietro, che tutti abbiano le stesse opportunità.

Perché quella di abbandonare la scuola viene quasi sempre interpretata come la libera scelta di un ragazzo svogliato.

Spesso, invece, è la scelta, consapevole o non, di un ragazzo che non ne ha altre.

©Produzione riservata

Unisciti al nostro canale Telegram, resta in contatto con noi, clicca qui