A proposito di Avvento. Come allenare al tempo dell'attesa i nostri ragazzi iperconnessi?
Cos'è l'Avvento? Un tempo per attendere. Un tempo di speranza per preparare il cuore a un avvenimento straordinario. Un tempo per comprendere che in un prossimo futuro ripartirà una storia destinata a cambiare il mondo. Sì, certo, accaduta oltre duemila anni fa, ma che ogni volta, nel cuore di ciascuno, è destinata a ribadire che il mistero della salvezza ci tocca da vicino e parla la nostra lingua, sceglie il nostro tempo, la nostra condizione, la nostra capacità di accogliere e di comprendere.
Ma come riuscire a raccontare ai nostri ragazzi iperconnessi e ingabbiati nel pianeta digitale - dove tutto parla il linguaggio di un presente immutabile - questo mistero dell'attesa?
"Oggi i nostri ragazzi vivono nell'immediato, l'utilizzo permanente di social e web ha abituato questi giovani ad avere, e pretendere, risposte immediate per tutte le domande. L'attesa è un concetto che a loro sfugge. Quando si tratta di "attendere" qualcosa si scatena in loro ansia e preoccupazione. Il loro modo di pensare all'attesa è legato a qualcosa di indefinito che potrebbe accadere in un futuro lontano. Hanno cancellato il concetto di futuro prossimo. Tutto è giocato sull'immediato. L'obiettivo è avere un risultato subito, nel presente, che è il tempo in cui loro vivono e in cui sono abituati a pensare.
Occorre quindi aiutare i ragazzi ad "allenarsi" all'attesa. Ed è necessario che vengano educati a questo fin da bambini. La ricerca ha dimostrato che i ragazzi educati ad attendere fin da piccoli diventeranno adulti più consapevoli e maturi, con maggior capacità di analisi e di controllo, con più spiccate capacità cognitive e intellettuali. Ecco perché il genitore – ma anche l'educatore, il catechista, l'insegnante – che fornisce subito tutte le risposte possibili, non contribuisce alla maturazione del ragazzo. Occorre fermarsi a riflettere con loro, aiutarli a trovare da soli le risposte, "attendere" appunto con loro che trascorra il tempo necessari per comprendere quel concetto o quella intuizione, il tempo dell'Avvento è appunto questo.
Quando l'insegnante in classe fa una domanda non dovrebbe pretendere subito una risposta, ma dovrebbe dire: "Adesso pensateci cinque minuti e poi mi darete la vostra risposta". Il tutto e subito – dobbiamo dirlo ai nostri ragazzi – non paga mai, non contribuisce a sedimentare riflessioni e concetti. Serve un tempo necessario per rielaborare i concetti, per far propria una riflessione, per mettere a fuoco un pensiero e farlo proprio. Ecco perché, a livello educativo, occorre organizzare attività più rispettose dei "tempi di attesa". E far capire ai ragazzi che se si bruciano questi tempi di attesa ne ricaveremo solo ansia, preoccupazione, confusione mentale. Da qui la necessità di un allenamento all'emotività, l'urgenza di misurare gli impegni a cui chiamiamo i nostri ragazzi. Oggi sono assorbiti da troppe incombenze scolastiche ed extrascolastiche e sono in qualche modo costretti a fare tutto "senza attesa". Non si tratta solo di una conseguenza del mondo digitale ma anche di organizzazione sociale. E questo va ripensato se vogliamo il bene dei nostri ragazzi.